Tipo: Sentenza
Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani
Data: 29/06/2007
Oggetto: 1. Svolgimento dei fatti.
I ricorrenti, tutti membri dell’Associazione Umanista Norvegese (Human –Etisk Forbund) sono genitori di bambini all’epoca dei fatti scolarizzati nell’insegnamento primario. Si tratta di Ingebjorg Folgero (nata nel 1960), Geir Tybero (nato nel 1956); Gro Larsen (nata nel 1966); Arne Nytrae (nato nel 1963) e Carolyn Midsem (nata nel 1953). In autunno 1997, i programmi della scuola primaria norvegese furono modificati; due materie separate – cristianesimo e filosofia di vita – furono sostituite da un corso solo su cristianesimo, religione e filosofia, il c.d. “corso di KRL”( Kristendomskunskap med religions lyssynsorientering). Prima di tale riforma, i genitori potevano chiedere che il loro figlio fosse dispensato totalmente dai corsi sul cristianesimo; con il nuovo sistema però le dispense non potevano che concernere alcune parti del suddetto corso di “KRL”.
Questo corso doveva comprendere i seguenti ambiti: la Bibbia, il cristianesimo come patrimonio culturale, la fede evangelica luterana (che in Norvegia è la religione ufficiale, cui aderisce l’86% della popolazione), le altre confessioni cristiane, le differenti religioni e filosofie del mondo così come quelle di entità etiche e filosofiche. Il corso era in eguale misura destinato a promuovere la comprensione e il rispetto dei valori cristiani e umanistici, nonché a fornire la comprensione, il rispetto e il dialogo tra popolazioni con fedi e convinzioni differenti.
Nell’anno scolastico 1999-2000, il corso di “KRL” fu introdotto in tutti i livelli di insegnamento.
I ricorrenti ed altri genitori presentarono inutilmente domanda di dispensa totale dei loro figli dal corso di “KRL”. Il 14 marzo 1998, essi avviarono – senza esito positivo – una causa dinanzi il Tribunale di primo grado di Oslo per contestare il rifiuto opposto dalle scuole alle loro domande di dispensa totale. Essi sostennero in particolare che tale rifiuto comportava violazione di propri specifici diritti come quelli garantiti dalla Convenzione con l’articolo 9 (libertà di coscienza e di religione), l’articolo 2 del Protocollo n. 1 (diritto all’istruzione) e l’articolo 14 (divieto di ogni discriminazione).
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La legge del 1998 sull’educazione scolastica, entrata in vigore il 1 aprile 1999, disponeva: “(….) Dietro presentazione di domanda scritta dei genitori, l’alunno si vedrà dispensato da quelle parti dell’insegnamento impartito nella scuola da cui essi genitori - per loro credo religioso o filosofia di vita – ritengono che ne derivi induzione alla pratica di un altro credo religioso o adozione di un’altra filosofia di vita”.
Il 25 marzo 2002, quattro gruppi di genitori (di cui non facevano parte i ricorrenti) e i rispettivi figli inviarono una comunicazione al Comitato dei Diritti dell’Uomo dell’ONU in base al Protocollo facoltativo riferentesi al Patto Internazionale 1966 sui diritti civili e politici. Il Comitato ritenne che - nel caso dei firmatari - il corso di “KRL”, con la sua regolamentazione di dispensa, rappresentava una violazione del Patto.
2. Procedura e composizione della Corte.
La causa è stata iniziata dinanzi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il 20 febbraio 2002, in parte cancellata dal ruolo, in parte dichiarata inammissibile il 26 ottobre 2004, poi per buona parte dichiarata ammissibile il 14 febbraio 2006. Il 18 maggio 2006 la Sezione, cui la vertenza era stata assegnata, dichiarò la propria incompetenza a favore della Grande Camera. Un’udienza si è svolta in pubblico il 6 dicembre 2006 presso il Palazzo dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo.
La sentenza è stata adottata dalla Grande Camera nella composizione di 17 giudici.
3. Motivi del ricorso.
I ricorrenti sostengono che il rifiuto di dispensa totale dei rispettivi figli dal corso di “KRL” aveva impedito di assicurare a questi ultimi una educazione conforme alle loro convinzioni religiose e filosofiche. Sostenevano parimenti che gli inconvenienti connessi alle modalità generali di esercizio del diritto alla dispensa parziale implicavano, per i genitori non cristiani, il dover affrontare un onere più gravoso rispetto ai genitori cristiani; che non avevano alcun motivo di sollecitare una dispensa dal corso di “KRL” poiché questo era concepito in funzione di convincimenti maggioritari. Ciò rappresentava, per essi, una discriminazione. I ricorrenti invocavano l’applicazione dell’articolo 9 (libertà di coscienza e di religione), l’articolo 2 del Protocollo n. 1 (diritto all’istruzione), l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) e l’articolo 14 (divieto di discriminazione).
4. Decisione della Corte.
Articolo 9 e Articolo 2 del Protocollo n. 1.
La Corte ritiene che la contestazione mossa dai genitori in riferimento all’articolo 9 della Convenzione e all’articolo 2 del Protocollo n. 1 deve essere esaminata nell’ottica di quest’ultima disposizione che rappresenta la “lex specialis” in materia di educazione scolastica.
La Corte ritiene in via preliminare che la ragione di fondo nell’introduzione del corso di “KRL” era che l’insegnamento congiunto di cristianesimo, altre religioni e filosofie avrebbe permesso di determinare un orientamento scolastico aperto e accogliente verso tutti gli alunni a prescindere dal livello sociale, dalla fede religiosa, dalla nazionalità, dall’appartenenza etnica o da altre distinzioni. Tale ragione di fondo è manifestamente conforme ai principi di pluralismo e obiettività sanciti dall’articolo 2 del Protocollo n. 1.
Le norme ivi richiamate della legge del 1998 sull’educazione sottolineavano l’importanza della trasmissione di conoscenza non solo del cristianesimo ma anche delle altre religioni e filosofie del mondo. Lo scopo era quello di evitare ogni settarismo e di favorire dialogo e comprensione interculturali, riunendo gli alunni nell’ambito di un corso comune piuttosto che autorizzarne una dispensa totale con l’effetto di separare i medesimi alunni in gruppi dediti allo studio di materie differenti.
Se poi il programma riserva una parte preponderante alla conoscenza del cristianesimo più che di altre religioni e filosofie non è circostanza tale da sollevare una questione giuridica riferita all’articolo 2 del Protocollo n, 1. In ordine al rilievo che il cristianesimo assume nella storia e nella tradizione norvegesi, occorre considerare che trattasi di questione connessa al margine discrezionale riservato al convenuto Stato norvegese nel definire e adottare il programma degli studi.
Ad ogni modo, era del tutto evidente che un peso preponderante era riservato al cristianesimo in particolare tramite riferimento alla clausola di vocazione cristiana sottostante alla legge del 1998 sull’educazione, secondo cui – nel primo e nel secondo ciclo del livello secondario – l’insegnamento, con l’accordo e la cooperazione dei genitori doveva contribuire in modo notevole ad instillare negli alunni una educazione cristiana e morale. Tale preponderante accento sul cristianesimo si desumeva
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anche dagli atti preparatori della legge. Inoltre circa la metà dei punti indicati nel programma si riferiva al solo cristianesimo mentre la parte rimanente era suddivisa tra altre religioni e filosofie.
Collegata alla clausola di vocazione cristiana, la descrizione del contenuto e degli scopi del corso di “KRL” – così come fissata dalla legge del 1998 sull’educazione e dagli altri testi dell’ambito normativo in materia - fa pensare che differenze non solo quantitative ma anche qualitative distinguevano l’insegnamento del cristianesimo da quello di altre religioni e filosofie. Considerate tali disparità, ci si chiede in che modo poteva essere raggiunto il fine di promuovere comprensione, rispetto e attitudine al dialogo fra persone aventi fedi e convinzioni diverse.
La Corte ha poi valutato se la possibilità, riservata ai genitori, di chiedere dispensa parziale dal corso di “KRL” era sufficiente a sanare lo squilibrio sopra descritto.
Al riguardo, la Corte evidenzia in primo luogo che la concreta applicazione del meccanismo di dispensa parziale dava luogo a notevoli problemi. Così ad esempio, i genitori interessati dovevano essere correttamente informati in dettaglio del contenuto dei corsi previsti onde essere in grado di identificare e segnalare in anticipo alla scuola le parti da essi ritenute incompatibili con le loro convinzioni e le loro fedi. Sicché doveva essere difficile per i genitori essere costantemente informati del contenuto del corso adottato in classe e discernere le parti incompatibili con le loro convinzioni, ancor più allorquando il perno del problema era l’orientamento generale del corso di “KRL” a favore del cristianesimo.
In secondo luogo, salvo nei casi in cui la domanda di dispensa verteva su attività palesemente religiose e in cui non vi era bisogno di giustificazione, i genitori dovevano presentare validi motivi a sostegno della domanda per ottenere la dispensa parziale. La Corte osserva che le informazioni relative a convinzioni religiose e filosofiche personali concernono alcuni degli aspetti più intimi della vita privata. Anche se i genitori non erano tenuti all’obbligo di divulgare le loro convinzioni personali e se l’attenzione degli istituti scolastici era focalizzata sulla necessità di tenere debitamente conto del diritto dei genitori al rispetto della vita privata, la Corte ritiene sussistente il rischio che i genitori si sentissero/si sentano costretti a svelare ad istituti scolastici aspetti intimi delle loro convinzioni religiose e filosofiche.
In terzo luogo, anche in caso di domanda di dispensa parziale sottoscritta dai genitori, gli alunni dovevano dare prova, unitamente ai genitori, di una attitudine flessibile sia all’appartenenza religiosa e filosofica dei genitori stessi sia al tipo di attività in discussione. Così, per un certo numero di attività come le preghiere, gli inni cantati, le funzioni in chiesa e le rappresentazioni teatrali scolastiche, gli alunni potevano limitarsi ad assistere come spettatori anziché parteciparvi sentendosi coinvolti. L’idea sottostante era che la dispensa verte sull’attività in sé considerata e non sulle conoscenze inculcabili tramite detta attività. Tuttavia, la Corte ritiene che questa distinzione tra attività e conoscenza non soltanto è stata di difficile applicazione, ma probabilmente ha ridotto in modo notevole il carattere effettivo del diritto di dispensa parziale in quanto tale. Inoltre, sul piano puramente pratico, i genitori possono avere avuto reticenze nel chiedere ai professori di farsi carico di un onere supplementare rappresentato da un insegnamento differenziato.
Pertanto, la Corte dichiara che il meccanismo di dispensa parziale era suscettibile di sottoporre i genitori interessati ad incombenze gravose e al rischio di vedere indebitamente esposta la loro vita privata, mentre sussistevano concrete possibilità di dissuasione a tali dispense per le eventuali conflittualità. In alcuni casi, soprattutto nelle attività di carattere religioso, l’ambito della dispensa parziale poteva anche essere notevolmente ridotto attraverso l’insegnamento differenziato. Ciò difficilmente può ritenersi compatibile con il diritto dei genitori al rispetto delle loro convinzioni ai fini dell’articolo 2 del Protocollo n, 1 così come interpretato alla luce degli articoli 8 e 9 della Convenzione.
La Corte rammenta che la Convenzione ha come scopo quello di “proteggere diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi”.
Inoltre, la Corte dubita che la possibilità per i genitori di iscrivere i loro figli a scuole private, possibilità evocata dal Governo, possa esonerare lo Stato dall’obbligo di garantire il pluralismo nelle scuole pubbliche aperte a tutti.
In tale contesto, nonostante i numerosi e lodevoli intenti legislativi dichiarati dopo l’introduzione del corso di “KRL” negli istituti scolastici pubblici primari e nel primo ciclo di quelli secondari, è evidente che lo Stato non ha sufficientemente controllato che le informazioni e le conoscenze inserite nel
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programma di tale corso di “KRL” fossero diffuse in modo obiettivo, critico e pluralista onde rispondere alle esigenze previste dall’articolo 2 del Protocollo n. 1.
Di conseguenza, il rifiuto di accordare ai ricorrenti la dispensa totale dal corso di “KRL” per i loro figli ha comportato la violazione della suddetta disposizione.
Articolo 14 nel combinato disposto degli articoli 8 e 9 della Convenzione e dell’articolo 2 del Protocollo n. 1.
Considerate le proprie suesposte statuizioni relative all’articolo 2 del Protocollo n. 1 in sé valutato, la Corte dichiara non necessario procedere a separato esame nell’ottica dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con gli articoli 8 e 9 della Convenzione e con l’articolo 2 del Protocollo n. 1.
Parti: Folgero e altri c/ Norvegia
Classificazione: Libertà - Art. 14 Diritto all’istruzione