Giurisprudenza 39388/2005 (06/12/2007)
Tipo: Sentenza
Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani
Data: 06/12/2007
Oggetto: Rispetto della vita privata; processo equo.
La Corte conclude, in base a cinque voti contro due, per la violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione Europea dei Diritti Umani, sia
in ordine ai motivi inducenti i giudici francesi a disporre il rinvio della bambina Charlotte negli Stati Uniti, sia per le condizioni in cui le forze dell’ordine sono intervenute al fine di ottemperare a tale decisione; la Corte ha deciso all’unanimità per la violazione dell’Articolo 6
§ 1 (diritto ad un processo equo).
La Signora Maumousseau sosteneva che il rientro di Charlotte negli Stati Uniti era contrario all’interesse della bambina e l’aveva posta in una situazione particolarmente intollerabile data la sua tenera età. La ricorrente sosteneva altresì che l’irruzione della polizia giudiziaria nella scuola materna di Charlotte nel mese di settembre 2004 avrebbe lasciato in sua figlia pesanti conseguenze a livello psichico. Per altro verso, la ricorrente sosteneva di essere stata privata del diritto di accedere ad un tribunale. Essa denunciava in particolare la violazione degli Articoli 8 e 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Articolo 8
In ordine ai motivi della decisione che ha ordinato il ritorno di Charlotte negli Stati Uniti.
La questione principale posta alla Corte è quella di valutare se, disponendo il ritorno della bambina Charlotte negli Stati Uniti, i giudici francesi abbiano operato un giusto equilibrio degli interessi concorrenti sottesi a questa vicenda.
La Corte ritiene che i giudici francesi hanno preso in considerazione “l’interesse superiore” di Charlotte, inteso come bisogno della sua immediata reintegrazione nell’ambiente di vita abituale. La Corte rileva che detti giudici si sono dedicati ad un esame approfondito del complesso della situazione familiare nonché di tutta una serie di elementi, ed hanno proceduto ad una valutazione equilibrata e ragionevole dei rispettivi interessi di ciascuno con l’obiettivo costante di stabilire quale fosse la migliore soluzione vitale per Charlotte.
La Corte, peraltro, evidenzia l’impossibilità di ipotizzare che il procedimento decisionale seguito dai giudici francesi sino a disporre il ritorno di Charlotte negli Stati Uniti, non sia stato equo o non abbia consentito ai ricorrenti di far valere pienamente i loro diritti.
In ordine alle condizioni di esecuzione della misura di rimpatrio.
La Corte osserva che dopo la sentenza ordinante il ritorno di Charlotte negli Stati Uniti, la bambina era risultata introvabile, in quanto sua madre l’aveva fatta entrare “in clandestinità” per sottrarsi all’esecuzione della sentenza medesima. Ciò dimostra la totale mancanza di cooperazione della Signora Maumousseau con le autorità francesi. Le circostanze dell’intervento delle forze dell’ordine nella scuola materna di Charlotte sono state dunque una conseguenza del persistente rifiuto della Signora Maumousseau di consegnare spontaneamente la bambina a suo padre, nonostante una sentenza divenuta esecutiva da più di sei mesi.
Se in casi simili, l’intervento della forza pubblica non è la più appropriata e può presentare aspetti traumatizzanti, la Corte constata che tale intervento si è svolto sotto la vigilanza e alla presenza del procuratore della Repubblica, un magistrato togato di alta responsabilità decisionale cui dovevano fare riferimento gli agenti che lo accompagnavano. La Corte ritiene altresì come, di fronte alla resistenza di persone che avevano preso le parti dei ricorrenti, le autorità non hanno insistito nel tentativo di portare via la bambina.
Di conseguenza, la Corte conclude per la non violazione dell’ Articolo 8.
Articolo 6 § 1
La Corte ritiene che le autorità francesi erano obbligate a cooperare per il ritorno di Charlotte negli Stati Uniti, tenuto conto dell’oggetto e degli scopi della Convenzione dell’Aia, tranne nel caso di elementi obiettivi che avessero potuto far supporre per la bambina e,all’occorrenza per sua madre, il restare vittime in detto paese di un “evidente diniego di giustizia”.
La Corte osserva che il lamentato rischio della Signora Maumousseau di non potere entrare nel territorio degli Stati Uniti per sostenere i propri diritti era del tutto ipotetico e che essa avrebbe potuto adire il giudice americano competente, cosa che lei non ha fatto. In proposito, la Corte rileva che l’autorità statale francese ha tentato una peraltro inutile mediazione con il padre della bambina, ma che detta autorità è disposta ancora ad intervenire presso la corrispondente autorità americana in favore della Signora Maoumousseau.
Di conseguenza, la Corte conclude per la non violazione dell’Articolo 6 § 1.
Il giudice Zupancic ha espresso un’opinione dissenziente cui ha aderito la giudice Gyulumyan.
Il testo di tali opinioni è allegato alla sentenza.
Parti: Maumousseau e Washington c/ Francia
Classificazione: Libertà - Art. 7 Vita privata - Giustizia - Art. 47 Diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice