Giurisprudenza 7170/02 (08/04/2008)
Tipo: Sentenza
Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani
Data: 08/04/2008
Oggetto: Il marito della ricorrente – unitamente ad altre persone- fu accusato dell’omicidio di un agente di polizia commesso in settembre 1995. Nel maggio 1997, il Tribunale Regionale di Chişinảu assolse i tre sospettati. In fase di appello, venne disposto un nuovo processo. La ricorrente, il cui marito nel frattempo fu ucciso in una sparatoria, chiese la riapertura del processo al fine di provare l’innocenza del proprio marito. Al termine di questo processo i giudici moldavi giudicarono colpevole il marito della ricorrente. Nell’invocare l’Articolo 6 § 1 (diritto ad un equo processo), della Convenzione Europea dei Diritti Umani, la ricorrente denunciava la mancanza di equità del rinnovato processo di giudizio a carico del defunto marito.
La Corte esprime serie riserve sulla legittimità di un ordinamento giuridico che permette di giudicare e condannare una persona defunta, considerata l’evidente impossibilità di quest’ultima di difendersi. In ogni caso la Corte osserva che i giudici nazionali, nelle loro sentenze definitive, hanno acquisito e valutato come “prove fondamentali” dichiarazioni di autocolpevolezza espresse in vita dall’accusato, ma non hanno tenuto conto di altri punti essenziali, per esempio del fatto che l’accusato aveva un alibi riferito all’ora presunta dell’omicidio. La Corte conclude, quindi, che il processo a carico del marito della ricorrente non era stato equo, non avendo i Tribunali moldavi motivato a sufficienza la condanna dell’ex imputato. Di conseguenza, la Corte, all’unanimità afferma esservi stata violazione del citato Articolo 6 § 1.
Parti: Grădinar c/ Moldova
Classificazione: Giustizia - Art. 47 Processo equo, pubblico