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Giurisprudenza 58243/00 (30/06/2008)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 30/06/2008

Oggetto: Rispetto della vita privata e della vita familiare; corrispondenza privata. La Corte – all’unanimità – conclude per la violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata, familiare e della corrispondenza) della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il caso esaminato concerne i ricorrenti “Liberty” ed “Altre Organizzazioni” che, tra il 1990 e il 1997, avevano subito l’intercettazione dei rispettivi telefoni, fax, e-mail, comunicazioni informatiche, comprese le notizie legalmente riservate e di carattere personale, da parte di “Electronic Test Facility” per ordine del Ministero della Difesa britannico. I ricorrenti avevano depositato le rispettive rimostranze presso il Tribunale Regionale delle Intercettazioni di Comunicazioni, e presso il Procuratore Generale del Tribunale delle Indagini Preliminari obiettando l’illegittimità delle denunciate intercettazioni subite nelle loro comunicazioni: ma tutto ciò senza esito. Il Tribunale Regionale, in particolare, non ravvisò alcuna violazione della Legge del 1985 sulle Intercettazioni nelle Comunicazioni. Nell’invocare l’Articolo 8, primo comma (diritto al rispetto della vita privata, familiare e della corrispondenza) nonché l’Articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo), i ricorrenti denunciavano che le loro comunicazioni erano intercettate. * Articolo 8 La Corte rammenta di avere avuto altre occasioni di giudizio in ordine al fatto che anche la mera esistenza di norme autorizzanti la sorveglianza segreta di comunicazioni costituisce minaccia concreta di sorveglianza per tutti coloro che potrebbero esserne oggetto potenziale. Se ne deduce esservi stata ingerenza nei diritti che i ricorrenti sostengono violati ex citato Articolo 8. L’articolo 3, secondo comma, della legge del 1985 conferisce alle autorità britanniche una grandissima discrezionalità nell’intercettare comunicazioni tra Regno Unito e l’estero poiché consente loro di estendere analoga potenzialità investigativa su “ogni comunicazione esterna specificata in un mandato”. Di fatto, tale loro discrezionalità era senza limiti. I mandati rilevanti ex Articolo 3, secondo comma, della citata legge del 1985 coinvolgevano un ampio settore di comunicazioni. Nelle osservazioni sottoposte alla Corte, il Governo britannico ha ammesso che, in teoria, ogni persona comunicante in attivo e in passivo con soggetti esterni alle Isole britanniche e qualunque fosse il livello di contenuto, era suscettibile di intercettazione. Inoltre, la legge del 1985 lasciava alle autorità nazionali enorme libertà di scelta nelle comunicazioni da leggere o da ascoltare fra quelle che erano state registrate. L’Articolo 6 della medesima legge imponeva al ministro degli affari interni di “adottare tutte le disposizioni ritenute necessarie” per prevenire abusi di potere nel processo selettivo delle comunicazioni intercettate destinate ad essere esaminate, diffuse e conservate. Se è vero che, nel periodo di tempo pertinente a questa vertenza, direttive interne, istruzioni e circolari prevedevano misure protettive dagli arbitrii e che i rapporti annuali del commissario designato ex citata legge del 1985 per controllarne l’attuazione, hanno sempre riferito che le “disposizioni” normative suddette erano soddisfacenti, la natura di tali norme non è stata mai precisata dalla legge o resa pubblica con altra adeguata fonte. La Corte osserva infine l’assunto del Governo britannico secondo cui divulgare informazioni su tali disposizioni durante il periodo esaminato avrebbe potuto nuocere all’efficacia del sistema di raccolta informazioni o costituire minaccia per la sicurezza. Tuttavia, ampi estratti del Codice di condotta in tema di Intercettazioni di Comunicazioni sono oggi liberamente accessibili nel Regno Unito, il che fa dedurre che le autorità nazionali potevano divulgare alcuni aspetti del funzionamento pure di un dispositivo di sorveglianza esterno, senza compromettere la sicurezza nazionale. In definitiva, la Corte ritiene che, mancando l’indicazione chiara e sufficiente dell’ambito e delle modalità di esercizio dell’ampio potere discrezionale con cui le autorità britanniche operano sulle intercettazioni e comunicazioni con l’estero, il diritto interno - applicabile al tempo dei fatti - non offriva adeguata protezione dagli abusi di potere. In particolare, non è stata resa accessibile al pubblico nessuna precisazione circa la procedura applicabile/applicata all’analisi, alla segmentazione, alla conservazione e alla distruzione delle comunicazioni intercettate. Ne deriva che l’operata ingerenza nei diritti dei ricorrenti non era “prevista dalla legge”e ciò in violazione dell’Articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. * Articolo 13 La Corte ritiene di non dover esaminare separatamente il motivo di ricorso incentrato sull’Articolo 13 della medesima Convenzione.

Parti: Liberty et autres organisations c/ Regno Unito

Classificazione: Libertà - Art. 7 Vita privata - Comunicazioni