Tipo: Sentenza
Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani
Data: 03/07/2008
Oggetto: Diritto alla vita; tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti;
diritto alla libertà e alla sicurezza; diritto ad un ricorso effettivo; portata dei diritti garantiti.
I ricorrenti sono tre cittadini russi residenti nella Repubblica di Cecenia.
Esila Sultanovna Akhiyadova, domiciliata a Makhkety, è la moglie di Magomed Khoumaidov, nato nel 1977, nonché la nuora di Kharon Khoumaidov, nato nel 1932, che essa non ha più rivisto dopo il 13 febbraio 2002.
Khapta Moussaieva, domiciliata a Grozny, è la madre di Yakoub Iznaurov, nato nel 1966, che essa non ha più rivisto dopo il 5 febbraio 2000.
Rouslan Ousmanovitch Oumarov, domiciliato a Grozny, è il padre di Magomed Oumarov, nato nel 1975, che egli non ha più rivisto dopo il 27 maggio 2000.
I ricorrenti denunciavano alla Corte che i loro rispettivi congiunti erano scomparsi dopo essere stati illegittimamente arrestati da militari russi e che le autorità russe non aveva attivato alcuna effettiva inchiesta su quanto da essi denunciato. Essi invocavano tutti, a rispettivo sostegno, gli Articoli 2 (diritto alla vita), 3 (proibizione di tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti), 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza), 13 (diritto ad un ricorso effettivo), 34 (diritto al ricorso individuale) e 38, primo comma lettera a) (obbligo di fornire tutte le facilitazioni necessarie all’esame della causa) della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
Fra l’altro la Signora Akhiyadova invocava, ad ulteriore sostegno, l’Articolo 14 (divieto di discriminazione).
La Corte considera che se un rilevante numero di uomini armati, in uniforme e spostantisi su veicoli militari, ha potuto arrestare i congiunti dei ricorrenti nei loro rispettivi domicili e in pieno giorno, ciò fa propendere decisamente a favore della credibilità delle denunce secondo cui tali rapitori erano soldati russi. In ordine alle conseguenze dell’assoluta mancanza di riscontro da parte del Governo russo convenuto – e nonostante le specifiche richieste della Corte – di produrre quei documenti accessibili al solo Governo russo, nonché della totale inesistenza di eventuali cause giustificative delle sparizioni oggetto di causa, la Corte ritiene che Magomed Khoumaidov, Kharon Khoumaidov, Yakoub Iznaurov e Magomed Oumarov sono stati arrestati da militari russi nell’ambito di un’operazione di sicurezza non riconosciuta dalle autorità. Non si hanno notizie attendibili dei congiunti dei ricorrenti, dopo i loro rispettivi sequestri ed il Governo russo non ha fornito alcuna spiegazione su tali sparizioni. Nell’ambito del conflitto ceceno, allorquando una persona è arrestata da militari non identificati senza che tale detenzione venga poi ufficializzata, si può ritenere e definire in pericolo la vita di tale persona. Lo stato di assenza dei suddetti congiunti dei ricorrenti e la perdurante mancanza di ogni loro notizia dopo tanti anni corrobora la suddetta ipotesi. Sulla base di tali presupposti, si deve presumere che i quattro scomparsi sono morti dopo essere stati oggetto di sequestro non ratificato da membri delle forze armate russe. Nel rilevare poi che le autorità nazionali non hanno fornito giustificazioni sull’uso di mezzi letali da parte dei loro agenti, la Corte conclude esservi stata violazione dell’Articolo 2 in ordine alla sparizione dei quattro ceceni. La Corte osserva inoltre che l’Articolo 2 è stato altresì violato in ognuna della quattro fattispecie poiché le autorità russe hanno omesso di avviare un’ effettiva inchiesta in ciascuna di esse per appurare le circostanze di sparizione dei congiunti dei ricorrenti.
Nelle tre cause in oggetto, la Corte conclude che la scomparsa dei rispettivi congiunti e l’incapacità per i loro parenti qui ricorrenti di accertare cosa ne è avvenuto hanno determinato e continuano a determinare stato di angoscia e disperazione. Il modo adottato dalle autorità russe di gestire le doglianze degli interessati deve essere qualificato come trattamento inumano, contrario all’Articolo 3.
Nella causa Oumarov, la Corte dichiara sussistenti altre due violazioni di tale norma poiché è stato accertato che il ricorrente ha ricevuto colpi e ferite al momento del sequestro del figlio mentre le autorità non hanno aperto alcuna, concreta inchiesta nemmeno su tali maltrattamenti. In compenso, la Corte ritiene che le informazioni di cui dispone non permettono di concludere, oltre ogni ragionevole dubbio, che anche il figlio del Signor Oumarov sia stato vittima di maltrattamenti: ne consegue la dichiarata non violazione dell’Articolo 3 su questo specifico aspetto.
Nella causa Moussaieva, la Corte rileva che il figlio della ricorrente è stato forzato ad inginocchiarsi sulle rotaie del tram, quasi nudo, il viso coperto da cappuccio, le mani legate dietro con filo di ferro e costretto a stare così per due ore, al freddo. La Corte ne deduce sussistenza di violazione dell’Articolo 3 per i maltrattamenti inflitti al figlio della Signora Moussaieva, Verificata la totale mancanza di effettiva inchiesta su tali maltrattamenti, la Corte dichiara violazione del medesimo Articolo 3 anche sotto questo aspetto.
La Corte ritiene inoltre che i congiunti dei ricorrenti sono stati oggetti di detenzione non ufficializzata, carente di tutte le garanzie difensive ex Articolo 5 della Convenzione e ciò costituisce violazione particolarmente grave del diritto alla libertà e alla sicurezza sancito da tale norma.
* Nella causa Akhiyadova, la Corte conclude parimenti per la violazione dell’Articolo 13 della Convenzione Europea dei Diritti Umani nel combinato disposto dell’Articolo 2 e per l’insussistenza di distinti motivi di ricorso da esaminare perché proposti sotto l’aspetto dell’Articolo 13 o dell’Articolo 14. Quindi, la Corte conclude per la non violazione dell’Articolo 14.
* Nella causa Moussaieva, la Corte conclude altresì per la violazione dell’Articolo 13 sia in relazione all’Articolo 2 sia in relazione all’Articolo 3, e ciò in ordine alla vicenda del figlio della ricorrente. La Corte ritiene insussistenti i distinti motivi di ricorso proposti ex Articolo 13 ed ex Articolo 34.
* Nella causa Rouslan Oumarov, la Corte conclude parimenti per la violazione dell’Articolo 13 sia in relazione all’Articolo 2 sia in relazione all’Articolo 3 e ciò in ordine ai maltrattamenti inflitti al ricorrente. La Corte dichiara insussistenti i motivi di ricorso proposti ex Articolo 13 o ex Articolo 34.
La stessa Corte conclude infine che la mancata produzione – da parte del Governo russo – degli atti di cui essa Corte aveva chiesto la ricezione si sostanzia in una violazione dell’Articolo 38, primo comma, lettera a).
Parti: Akhiyadova c/ Russia, Moussaïeva c/ Russia e Rouslan Oumarov c/ Russia
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