Cass. pen., Sez. VI, 04/07/2008, n.28139
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente
Dott. CORTESE Arturo - Consigliere
Dott. CONTI Giovanni - Consigliere
Dott. CARCANO Domenico - Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.C., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 20 marzo 2008 della Corte di appello di
Venezia;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Conti Giovanni;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Febbraro Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Venezia disponeva
la consegna all'autorità giudiziaria della Repubblica Federale
Tedesca di L.C., cittadino italiano, nei confronti del quale
era stato emesso in data 24 luglio 2007 dal Procuratore di Stato di
Monaco di Baviera (Oberstaataanwalt Munchen) mandato di arresto
europeo (MAE) per il reato di evasione fiscale, punito con la
reclusione fino a cinque anni dall'art. 370 codice tributario tedesco
e
dall'art. 50 cod. pen. tedesco, sulla base di un provvedimento di
custodia cautelare interno (Haftbefehl) emesso dalla Pretura di
Monaco di Baviera (Amtsgericht Munchen) il 10 luglio 2007.
La Corte di Appello, in applicazione della
L. 22 aprile 2005, n. 69,
art.
19, comma 1, lett. c, disponeva che la consegna era subordinata
alla condizione che il L., dopo il processo, fosse rinviato in
Italia per qui scontare la pena di misura di sicurezza privativa
della libertà personale.
Avverso detta sentenza ricorre per Cassazione il difensore del
L., avv. Antonio Invidia, il quale denuncia:
1. Violazione della
L. n. 69 del 2005, mancando una relazione sui
fatti addebitati, recante la indicazione delle fonti di prova, del
tempo e del luogo di commissione dei fatti e della loro
qualificazione giuridica.
Tale relazione non poteva considerarsi supplita dal contenuto del
MAE, dato che esso contrastava con il mandato di arresto interno con
riguardo al tempo di consumazione dei fatti addebitati.
Dal MAE si ricava che il L. non avrebbe effettuato la
dichiarazione dei redditi e della tassa comunale sull'esercizio di
attività di impresa dal 1998 al 2002, ma poi nel prospetto allegato
al mandato di arresto interno veniva aggiunto anche l'anno 2003.
Inoltre dallo stesso MAE si ricava che il L. non avrebbe
effettuato la dichiarazione di imposta sul valore aggiunto dal 1999
al 2003, ma in un precedente MAE emesso nell'anno 2005 (poi nn
eseguito) il periodo di consumazione si sarebbe esteso sino al 2005.
Ancora, dalla documentazione trasmessa, non è dato desumere il
contenuto delle violazioni di legge, che sono invece, meramente
indicate, nel mandato di arresto interno.
Queste lacune e incertezze circa i fatti contestati determinavano una
evidente lesione del diritto di difesa.
2. Violazione della
L. n. 69 del 2005, art.
7 e carenza di
motivazione in punto di doppia punibilità in materia di reati
fiscali.
La Corte di appello ritiene che le ipotesi indicate nel MAE siano
assimilabili a tasso o imposte previste dall'ordinamento italiano. Ma
l'autorità tedesca non ha indicato nè il contenuto delle norme
tributarie nè i soggetti cui la relativa disciplina è indirizzata.
Certamente l'omesso pagamento della imposta comunale sull'attività
commerciale non trova alcun aggancio nelle previsioni della L. n. 74
del 2000.
Inoltre, l'art. 7, richiede che per la violazione di analoghi
obblighi tributari l'ordinamento italiano preveda la pena della
reclusione pari o superiore a tre anni, ma secondo il nostro
ordinamento, ai fatti di omesso pagamento di tasse e imposte commessi
sino alla entrata in vigore della L. n. 74 del 2000, e cioè sotto il
regime della
L. n. 516 del 1982, erano applicabili solo fattispecie
contravvenzionali.
In base a tale disposizione, la disciplina sul Mae non si applica ai
reati commessi anteriormente al 7 agosto 2002.
La sentenza impugnata desume dal riferimento a un unico disegno
criminoso contenuto nel MAE l'esistenza nell'ordinamento tedesco di
un istituto assimilabile a quello del reato continuato previsto dal
nostro ordinamento, senza però che di esso vi sia alcuna specifica
indicazione.
In ogni caso la configurabilità del reato continuato quale reato
unico, secondo criteri ispirati nell'ordinamento italiano al favor
rei, non può comportare conseguenze sfavorevoli per il soggetto
interessato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è solo in parte fondato.
2. La previsione secondo cui al MAE deve essere allegata una
"relazione sui fatti addebitati alla persona delle quale è domandata
la consegna, con l'indicazione delle fonti di prova, in tempo e del
luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione
giuridica" (
L. n. 69 del 2005, art.
6, comma 4, lett. a) non va
intesa in senso formalistico, come sarebbe su si ritenesse
imprescindibile l'allegazione al MAE di un atto così denominato, ma
nel senso che nella documentazione trasmesse dall'autorità, dello
Stato emittente siano indicati gli elementi che tale norma richiede
ai fini dell'accoglimento della richiesta è consegna, che ben
possono essere contenuti in qualsiasi atto proveniente da tale
autorità (v. tra le altre Cass., sez. 6^, 1 febbraio 2007, Piaggio).
Nella specie, come del resto riconosce lo stesso ricorrente, tali
dati erano tutti desumibili dall'allegato al mandato di arresto
interno (fol. 111), in cui si specificano, appunto, i fatti
addebitati, le fonti di prova (di natura documentale), il tempo e il
luogo delle omesse dichiarazioni fiscali.
3. Non vi è contraddizione tra il MAE e il mandato di arresto
interno circa le indicazioni temporali dei fatti contestati. In
entrambi i provvedimenti si fa riferimento "ai redditi conseguiti"
dalla impresa del L. negli anni dal 1998 al 2002, mentre il
richiamo all'anno 2003 si riferisce alla condotta omissiva, e ciò
alle dichiarazioni che dovevano essere fatte con riferimento all'anno
precedente.
Non vi è ragione poi di considerare quanto risulterebbe indicato in
un precedente MAE del 2005, che, per motivi che qui non interessano,
non ha avuto alcun seguito e che non costituisce titolo della
presente procedura di richiesta di consegna.
4. Risulta solo parzialmente soddisfatta la previsione della
L. n. 69
del 2005, art.
7, comma 2 circa il presupposto della assimilabilità,
per analogia, delle tasse o imposte evase nello Stato di emissione
rispetto a quelle contemplate dalla italiana.
Dal MAE e dalla documentazione allegata si ricava, una delle imposte
sui redditi e sul valore aggiunto assimilabili ai corrispondenti
obblighi tributari previsti dall'ordinamenti italiano (IRPEF, IVA).
Stante il disposto del
D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art.
5, in tema
di omessa dichiarazione relativa alle imposte sui redditi e sul
valore aggiunto, appare dunque rispettato il requisito della
punibilità nel nostro ordinamento con la reclusione pari o superiore
a tre anni, non rilevando che in passato, sotto il regime del
D.L. n.
429 del 1982, conv. nella
L. n. 516 del 1982, analoghe violazioni
fossero punite nell'ordinamento italiano a titolo di contravvenzione,
non dovendo l'autorità giudiziaria italiana investita di un MAE
occuparsi della applicazione di pene ma solo della compatibilità,
nei limiti previsti della legge, delle previsioni penali contenute
nell'ordinamento dello Stato membro con quelle interne.
Invece, la contestazione dell'omesso pagamento dell'imposta comunale
sull'attività di impresa non trova riscontro in una analoga
fattispecie criminosa dell'ordinamento italiano. Anche ammettendo che
tale imposta possa corrispondere alla imposi regionale sulle
attività produttive (IRAP) previste dall'ordinamento tributario
italiano, per le varie condotte relative al mancato pagamento di essa
non sono contemplate ipotesi di reato ma solo violazioni
amministrative.
5. Appare parzialmente fondato anche il rilievo che fa leva sul
discrimine temporale, fissato nel 7 agosto 2002 dalla
L. n. 69 del
2005, art.
40, ai fini dell'applicabilità della disciplini del MAE.
L'autorità tedesca ha precisato nel MAE che il L. ha posto in
essere le condotte contestate "seguendo il suo piano criminoso" ma,
rispondendo a una richiesta di informazioni di questa Corte non ha
dichiarato che nell'ordinamento tedesco esiste un istituto
assimilabile a quello del reato continuato contemplato dall'art. 81
cpv. c.p., precisando solo che esiste la possibilità di un cumulo
giuridico delle pene qualora più reati siano esaminati nell'ambito
dello stesso procedimento penale (par. 53 cod. pen. tedesco).
Non sussistono dunque i presupposti per ritenere le varie condotte
unificate in un unico reato che abbia avuto come ultima
manifestazione criminosa una condotta realizzata dopo la detta data
del 7 agosto 2002, e quindi non è possibile applicare nella specie
la stessa ratio decidendo su cui avevano fatto leva le sentenze e
questa Sezione in data 26 ottobre 2007, Aquilano e 10 dicembre 2007,
Krol; non rilevando a tal fine un mero cumulo giuridico delle pene
conseguenti a reati commessi prima e dopo detto discrimine temporale
(v. in analoga fattispecie Sez. 6^, 27 febbraio 2006 Busuleac).
Tutte le condotte relative all'omesso pagamento dei tributi commesse
prima dell'anno 2003 non possono dunque formare oggetto di consegna.
6. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio
limitatamente ai reati commessi prima del 7 agosto 2002 e a tutti
quelli relativi all'imposta comunale sulle attività commerciali
prevista dall'ordinamento tedesco.
Nel resto il ricorso deve essere rigettato.